Il bacio al pesce della statua di San Raffaele era una pratica rituale della tradizione napoletana a cui si sottoponevano le fanciulle che aspiravano a “ben maritarsi e ben figliare”.
San Raffaele compatrono del Regno di Napoli
Nel 1797, l’Arcangelo Raffaele fu proclamato dai sovrani borbonici come compatrono del Regno di Napoli. Lo stesso re Ferdinando IV, commissionò allo scultore Giuseppe Sammartino, una statua d’argento del Santo per donarla alla cappella del tesoro di San Gennaro. L’impareggiabile artista, già autore del Cristo velato, realizzò una bellissima e complessa composizione plastica. In essa ammiriamo San Raffaele accompagnato da Tobia, reso riconoscibile con il simbolo del pesce, mutuato dal racconto biblico tratto dal libro di Tobia.
Il racconto biblico e il “significato del pesce”
Il vecchio e pio Tobi, a causa della sua improvvisa cecità, divenne povero. L’ Unica speranza di risollevare le sue finanze era posta nella riscossione di un credito presso una mercante di una lontana città. Incaricò il giovane figlio Tobia della riscossione, affidandolo alla cura di Dio. L’ Arcangelo Raffaele venne inviato in risposta alle incessanti preghiere del vecchio padre. Grazie all’aiuto di Raffaele, Tobia non solo riuscì nella missione, ma trovò la cura per ridare la vista al padre e guarire una giovane vedova di nome Sara.
La stessa Sara che divenne in seguito sua moglie, era posseduta da un demone assassino. La miracolosa cura era stata estratta da un mostruoso pesce. Lo stesso pesce che Tobia catturò, su consiglio dell’Arcangelo Raffaele, durante il viaggio verso la Media.
Anche per i primi seguaci di Cristo il pesce aveva una valenza simbolica. Infatti Pesce in greco si dice IXTHYC (ichtùs). Disposte verticalmente, le lettere di questa parola formano un acrostico: Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr , tradotto: “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore“
La statua di San Raffaele oggetto della devozione
Nella chiesa Settecentesca della centralissima Materdei dedicata all’Arcangelo Raffaele e a Santa Margherita da Cortona è conservata una copia lignea della statua del Sammartino. Tale opera devozionale, dalla metà del XVIII secolo, divenne oggetto di una particolare consuetudine. Nella solennità del 24 Ottobre, festa di San Raffaele Arcangelo, le fanciulle si recavano in adorazione, compiendo l’atto del bacio alla statua del pesce (sorretto dalle braccia di Tobia nel gruppo scultoreo).
L’azione veniva compiuta nella speranza di trovare un buon marito o, se già sposate, di rimane incinte. Tanto divenne famosa tale pratica che, nel 1868, la novella Regina d’Italia Margherita di Savoia (la quale non riusciva a concepire un erede al trono) si recò nel rione Materdei per “baciare il pesce del Santo”. Caso volle che dopo pochi giorni rimase incinta del futuro sovrano Vittorio Emanuele III.
Antiche pratiche pagane nella quotidianità
Se analizziamo in chiave antropologica la millenaria storia cittadina e la rivelante stratificazione di culti diversi, potremmo rintracciarne le origini. L’atto di “baciare il pesce” sarebbe un richiamo alla festa legata alla fecondità detta “Falloforia” di epoca greco-romana. In tale cerimonia infatti, un totem raffigurante il “fallo del dio Priapo”, veniva omaggiato con baci e carezze per garantirsi la fortuna virile. Considerando poi che in lingua napoletana il termine “0′ pesce” indica anche gli organi genitali maschili, la venerazione all’animale del gruppo scultoreo, richiamerebbe la vecchia pratica rituale permutata in chiave moderna e contemporanea.
Lo stesso “fallo di Priapo” che nel corso dei secoli si è trasformato nel corno napoletano , che ogni scaramantico sfrega tra le mani per allontanare il “malocchio”. Pur riconoscendo la trivialità sessista del “rituale del bacio”, fa parte comunque del retaggio di tradizioni del nostro popolo che, se non ricordate, rischiano di essere cancellate a causa dell’omologazione culturale insita del fenomeno della globalizzazione.