Enigmatica nelle origini, ma complessa in quella che è la sua “storia recente” di notevole interesse è la statua di Venere chiamata anche Callipigia conservata tra i marmi della collezione Farnese del MANN.
Venere ignota
Della Venere Callipigia sappiamo poco o nulla. Si tratta di
una scultura romana di I-II secolo d.C., copia di un originale bronzeo di III secolo a.C.
circa., rinvenuta vicino la Domus Aurea. Venne acquistata dai Farnese nel 1594 e collocata nel palazzo di famiglia fino a quando non venne trasferita con il resto della collezione, nel 1786, a Napoli per volere di Ferdinando IV di Borbone, erede di Elisabetta Farnese.
Nella capitale borbonica la statua venne posta inizialmente nella reggia di Capodimonte e successivamente nella sede dell’università, il Palazzo degli Studi dove rimase anche quando questi divenne Museo archeologico e l’università si spostò nell’odierna area di Mezzocannone-Corso Umberto.
Restauri e forme
Parte dell’interpretazione data alla Callipigia è però inquinata, seppur in minima parte, dai restauri che sono stati effettuati sulla statua. Al momento del ritrovamento il marmo era seriamente danneggiato alle gambe e alle braccia oltre che acefala.
Un primo restauro della Venere avvenne nel 1594, dopo l’acquisto dei Farnese con l’integrazione del capo che dava un certo fervore erotico alla scena rappresentata, con il capo rivolto verso le natiche della donna.
Un secondo restauro, sempre in linea con il primo ma più corposo avvenne attorno al 1786 a opera di Carlo Albacini che integrò alla statua una nuova testa, più aderente allo stile e le forme della statua, le braccia e la gamba flessa fuori dal peplo al nella porzione dello stinco. Si trattò di
un intervento volto a dare alla donna una rappresentazione più veritiera e integrata ai canoni natii stessi della statua.
Uno stile “Kallipugoi”
La statua della Venere raffigura la dea mentre si alza il peplo per scoprirsi i fianchi e le natiche per osservarli in quello che sembra un gesto rituale più che volgare. Quella della Venere sembra essere
un gesto simile all’anasyrma, cioè l’esposizione delle nudità a scopo religioso, erotico o scherzoso, molto probabilmente anche a scopo apotropaico.
La caratteristica della statua e che la rendere particolare è la posizione di torsione del corpo che vede la Venere “avvitarsi” quasi su se stessa per osservarsi il fondoschiena e che pare suggerire all’osservatore un brano di Ateneo. All’interno della Deipnosofisti viene raccontata della fondazione di un tempio a Siracusa, quello di Afrodite Kallipygos come ringraziamento da parte di due fratelli.
Secondo la storia due sorelle di una fattoria litigavano su chi avesse le natiche più formose, decidendo di far decidere a un passante chiesero a un ragazzo che passava per di lì, figlio di una famiglia ricca e benestante. Il giovane si innamorò della sorella maggiore, ma il padre, data l’umile origine della ragazza non voleva acconsentire al matrimonio. Il fratello minore del ragazzo, andando a osservare anch’egli le ragazze si innamorò della sorella minore. Il padre trovandosi nella situazione in cui entrambi i figli volevano sposare le ragazze rifiutando ogni altra donna dovette acconsentire al matrimonio. I due novelli sposi, come segno di ringraziamento alla dea avrebbero quindi eretto il tempio di Siracusa a Afrodite Kallipygos, visto che le due ragazze vennero poi soprannominate dalla gente del luogo Kallipugoi, belle natiche.
Perseguendo questa scuola di pensiero la Venere potrebbe essere pertanto una dea che esce dai bagni, giustificando pertanto anche la posizione particolare della statua, oppure potrebbe anche rappresentare una delle due fanciulle della storia di Ateneo. Nella prossima puntata parleremo di Kounellis e Senza titolo, 2005.
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