ParlaNapoli è una rubrica che, a cadenza settimanale, si occuperà di proverbi, detti popolari, vecchi adagi, naturalmente in napoletano.
Prima di cominciare, però, facciamo un po’ di chiarezza e sgombriamo il campo da qualche equivoco che, periodicamente, torna a fare capolino quando si parla del nostro dialetto. O, dovremmo dire, della nostra lingua, giacché l’Unesco considera il napoletano una vera e propria lingua. Tuttavia, contrariamente a quanto qualcuno pensa, il napoletano né nessuna altra lingua è considerata patrimonio dell’umanità.
In generale, l’Unesco è profondamente interessata alle diversità linguistiche e culturali, tanto da creare una raccolta, l’Atlante Mondiale delle Lingue in Pericolo (Atlas of the World’s Languages in Danger). Esso censisce tutte le lingue considerate in via di estinzione, in una scala che va da vulnerabile ad estinto. Il napoletano è, per fortuna, considerato solo vulnerabile. Rientrano in questa categoria le lingue parlate anche da bambini e persone giovani, ma in contesti molto limitati, principalmente le interazioni familiari.
Insomma, più un monito che un plauso da parte dell’Unesco. Se finanche questi fugaci utilizzi del napoletano si riducessero, la nostra lingua potrebbe, nel giro di qualche decennio, finire nel girone delle lingue estinte. E noi non possiamo permettercelo.
Perché il napoletano, che peraltro non è solo quello parlato a Napoli e dintorni bensì una sorta di Italiano del Sud, cioè l’insieme dei dialetti di quasi tutto il Meridione, escluse la Sicilia, la Calabria meridionale ed il Salento, è troppo prezioso, troppo delicato, troppo espressivo, troppo vivace per poter essere messo in un cassetto e dimenticato.
Nel nostro piccolo con ParlaNapoli cercheremo, settimana dopo settimana, di dargli una spolverata, di lucidarlo, di renderlo sempre un po’ meno vulnerabile, di guardare al napoletano attraverso i proverbi e i modi di dire.
E jamm’ bell, ja!
Potrebbe interessarti:
‘O Scartellato: il gobbo napoletano