Il terzo appuntamento della rubrica A Guardia della città ci accompagna al Maschio Angioino, un altro dei simboli della nostra città.
Un castello medievale
Dopo aver occupato Napoli, nel 1266, Carlo d’Angiò impose la costruzione di una nuova reggia fortificata, molto vicina al mare. A questo scopo, scelse una zona fuori dalle mura, detta Campus Oppidi: qui sorgeva una chiesetta francescana, che fu demolita e fatta costruire altrove. La costruzione del castello durò molto poco: dal 1279 al 1282, appena 56 mesi.
Nella sua configurazione originale, il castello presentava una pianta quadrilatera, con quattro torri di difesa, tre delle quali sul mare. Un castello medievale in piena regola: alte mura con strette feritoie, un profondo fossato e un ponte levatoio.
Carlo d’Angiò, però, non riuscì mai ad abitarvi, preso com’era dai problemi interni: risale proprio al 1282 la rivolta dei Vespri Siciliani, che causò il distacco della Sicilia dal Regno di Napoli. Nel 1285 si stabilì nel castello il figlio, Carlo II, che ne ordinò imponenti lavori di ampliamento, affidando le decorazioni interne a Pietro Cavallini e Montano d’Arezzo.
Un designer d’eccezione
Anche il successivo inquilino del castello, Roberto d’Angiò, ordinò dei lavori di abbellimento, servendosi addirittura dell’opera di Giotto. In cambio di una pensione annua di dodici once d’oro, il maestro lavorò a Napoli dal 1328 al 1333; si occupò di affrescare la Cappella Palatina, dipingendo Scene del Nuovo e del Vecchio Testamento, opere che oggi, purtroppo, non esistono più. La presenza di un artista così rinomato non deve stupirci: in quegli anni Napoli era meta ambita da molti artisti: è in questa città che Boccaccio scrisse il Decamerone, proprio in quel periodo.
Il gran rifiuto
Un altro dei motivi di celebrità per il Castel Nuovo è l’essere stato sede del gran rifiuto di Celestino V, citato da Dante nella Commedia. Carlo II aveva ottenuto lo spostamento della sede papale a Napoli, perciò fu proprio al Maschio Angioino che Celestino V annunciò le proprie dimissioni e depositò la tiara nelle mani dei cardinali. Proprio nella stessa sala, dieci giorni dopo, il conclave elesse al soglio pontificio Benedetto Caetani d’Anagni, passato alle cronache con il nome di Bonifacio VIII. Questi, dall’indole combattiva e per niente disposta a piegarsi al potere temporale degli angioini, pretese subito che la sede papale tornasse a Roma.
Anche senza i papi, però, la storia del Maschio Angioino andò avanti. Ma, di questo, parleremo nei prossimi articoli.
Le altre puntate:
A guardia della città: Castel dell’Ovo
A guardia della città: i castelli di Napoli