La Cappella Sansevero è uno dei luoghi più caratteristici di Napoli. Con le sue sculture la rende unica e ammirata da tutti. Lo scopo probabilmente era proprio questo: con gli occhi del principe di Sansevero proviamo a descrivere le opere più belle.
Lo scopo della Cappella Sansevero…
L’idea era quella di rivoluzionare la Cappella Sansevero. Ero sempre stato affascinato dall’arte e in particolare dalla scultura. La mia famiglia si portava dietro da anni la reputazione di essere amanti dell’arte e la Cappella Sansevero ne era la dimostrazione.
Entrando nella Cappella Sansevero la prima cosa che ti colpisce è che è composta da un’unica navata a pianta longitudinale con quattro archi a tutto sesto per lato. Sull’abside si nota una finta cupoletta che da vita ad un gioco illusionista.
La Cappella si presenta come un luogo accogliente, con lo scopo di non escludere nessuno sia egli viandante, cittadino e straniero. Essa chiede di rendere grazie alla Vergine e lo fa con una iscrizione sulla porta laterale dove è anche brevemente raccontata la storia della cappella.
La scultura simbolo del luogo…
La Cappella necessitava, però, di essere modernizzata e arricchita. Dopo la morte di Corradini fui costretto a chiedere a Giuseppe Sanmartino di realizzare una delle sculture che diventerà tra le più celebri della mia cappella: il Cristo Velato. Una statua in marmo, a grandezza naturale, che rappresentasse il Cristo morto coperto da un sudario trasparente.
Sanmartino non tenne conto dei bozzetti precedenti, ma riuscì a realizzare l’opera: il Cristo era sdraiato su un materasso e il velo aderiva perfettamente alle forme del viso e del corpo stesso. Al lato vennero anche posti gli strumenti del supplizio: una corona di spine, una tenaglia e dei chiodi.
Quando guardai la scultura capii subito il valore di quella scultura: il popolo napoletano ne sarebbe rimasto affascinato e gente da tutto il mondo sarebbe arrivata per notare la bellezza. Il velo era ciò che più faceva mozzare il fiato: la precisione con cui aderiva al corpo del Cristo faceva quasi dimenticare che ci si trovasse di fronte ad una scultura. Metteva in luce le ferite, il costato e quasi avevi paura a toccarlo temendo che il velo potesse spostarsi.
Le opere scultoree che arricchivano la Cappella già da prima che arrivassi io, erano tutte un richiamo al rapporto dell’uomo con Dio. Ciò che colpiva spesso l’attenzione di tutti era infatti il Disinganno.
Il Disinganno raffigurava un uomo che si libera da una rete, simboleggiante il peccato da cui era oppresso: mio padre, il duca Antonio condusse infatti una vita disordinata e dedita ai vizi viaggiando in tutta Europa, dopo la morte di mia madre e mi lasciò alle cure di mio nonno paterno. Tornò a Napoli e negli ultimi anni della sua vita si dedicò invece alla vita sacerdotale.
Nella composizione marmorea l’uomo è aiutato a liberarsi dalla rete del peccato da un putto, simbolo dell’intelletto umano, che con la mano destra indica il globo terrestre, simbolo della mondanità, adagiato ai suoi piedi. Ma è la fede che aiuta a liberarsi dagli errori commessi e nella scultura ciò è rappresentato dalla bibbia aperta appoggiata al globo.
Unione di arte e scienza…
Volevo, però, rendere la Cappella Sansevero un luogo di cultura e di arte. Avevo infatti in mente di creare un luogo che permettesse a chiunque volesse scoprire qualcosa di nuovo potesse immedesimarsi.
Le macchine anatomiche rappresentavano infatti un unicum all’interno della Cappella Sansevero. Sono degli scheletri di due individui, un uomo e una donna, completamente scarnificati e allestiti in posizione eretta. La cosa che colpisce è la precisione con cui vene, arterie e capillari sono ciò che rendono queste macchine così nuove e che attireranno sicuramente tutti i napoletani.
E così fu. Ancora oggi la cappella Sansevero conserva una posizione di rilievo tra i luoghi da visitare appena si giunge a Napoli o, semplicemente, se la si vuole conoscere di più.
La storia sopra riportata è frutto di fantasia, ma le sculture sono reali e la loro bellezza merita di essere vista dal vivo.
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