Artista napoletano, nato a Napoli, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Napoli, figlio della città e del quartiere Ponticelli, Christian Leperino si è affermato come uno degli artisti che più ha sperimentato negli ultimi anni, attraverso varie tecniche, l’approccio ai disagi, i dubbi e le tensioni della sua generazione.
A corpo libero
Leperino ha sperimentato la pittura, la scultura e i nuovi media del video e della fotografia artistica e documentale per descrivere il “corpo dell’essere umano” vera superficie artistica che come un registro mantiene e descrive il vissuto della persona e quindi permette di descrivere le emozioni, le sofferenze, le esperienze. Sulla base di questo assunto si basano i primi cicli di pitture Rawe Off del 2001 dove descrivere attraverso la deformazione dei volti la percezione e l’esperienza di chi prende parte alle feste dell’eccesso, della segretezza e dell’illegalità dei rave party.
All’alba del nuovo millennio Christian porta avanti una serie di pitture in cui l’inquietudine la fa da padrone, dove viene messa in discussione la stessa presenza dell’uomo, se con Cityscapes, all’interno del ciclo pittorico Human Project, descrive i paesaggi pieni di fumo, neri e cupi di una realtà da “dopo l’uomo” dove la figura umana non trova posto spazzata dalla sua stessa capacità industriale che azzera ogni forma di naturalezza, da Tactus Intimus,2009,
la figura dell’uomo torna a essere protagonista presente e non sottintesa della sua ricerca espressiva.
The Other Myself
Abbiamo visto come il corpo-tela sia l’elemento cardine di Christian Leperino sia nella sua accezione sottintesa che presente sulla tela, ma anche all’interno della scultura. Nel 2014 con The Other Myself vince il contest Showyourself@Madre.
Con questa scultura viene a riaffermarsi il primato dell’uomo della sua storia invisibile che non traspare necessariamente dal suo volto, ma che come un bagaglio, più o meno pesante porta con sé ogni uomo e di cui tutti dovremmo essere più consci.
The Other Myself racconta la storia di 21 persone, 21 volti allineati su 3 file orizzontali, di cui non si conosce nulla, spesso considerati invisibili della società per tanti motivi, o anche no, che con il loro volto affermano la propria presenza nel mondo. Il nostro mondo, di tutti. I volti sono quelli di uomini e donne, immigrati e rifugiati che Christian ha incontrato a Napoli e che hanno prestato il proprio volto, e il proprio vissuto, all’artista per prenderne calchi e realizzare
una scultura e archivio-muto-urlante delle loro esperienze.
Tutto ciò mostra un’attenta riflessione da parte dell’artista, ma in special modo si cerca la riflessione del fruitore, nel ricercare un segno di similitudine, somiglianza, convergenza tra quei volti e il nostro.
L’immagine di quei volti dovrebbe portare alla mimesi tra chi osserva e loro, l’immedesimazione nei volti, espressioni dei protagonisti della scultura che sono i 21 sconosciuti, tutti trovano un segno, un punto familiare in mezzo a tanti volti di sconosciuti. Questo è proprio il caso in cui un’immagine vale più di mille parole.
Nella prossima puntata parleremo del La Breccia di Porta Pia di Cammarano.
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