
Terzo appuntamento della rubrica Zoom Spettacolo. Dopo l’intervista a Ben Maggio, adesso riproponiamo un altro tuffo nel passato; parleremo di Antonio De Curtis, in arte Totò, principe della risata napoletano. Il nome è una celebrità, il resto è da scoprire.
Totò, la biografia

Antonio De Curtis, in arte Totò, nacque a Napoli nel 1898. Di origini nobili da parte di padre e cresciuto dalla madre al rione Sanità, in assoluta povertà, poco amante degli studi liceali, si appassionò, invece, agli spettacoli di strada e al teatro dialettale napoletano, e grazie al suo innato talento comico, si fece notare per le sue esilaranti imitazioni e macchiette comiche.
Giovanissimo si esibì alla Sala Umberto I di Roma negli spettacoli di varietà con grande successo e in quelli di rivista.
Nel cinema si affermò con “I due orfanelli“ (1947) di Mario Mattoli, dieci anni dopo l’esordio in “Fermo con le mani!” di Gero Zambuto. Da allora in poi fu un crescendo di successi che portarono alla ribalta il personaggio irresistibile e comico di Totò, sia in film più leggeri – “47 morto che parla” (1950) di Carlo Ludovico Bragaglia, “Totò a colori” (1952) di Steno e Mario Monicelli, “Siamo uomini o caporali?” (1955), “Totò, Peppino… e la malafemmina” (1956) e “Tototruffa ’62″ (1961) di Camillo Mastrocinque – sia in opere più complesse, come “Napoli milionaria” (1950) di Eduardo De Filippo, “Guardie e ladri” (1951) di Steno e Monicelli, “I soliti ignoti” (1958) di Monicelli, sino al poetico “Uccellacci e uccellini” (1966) di Pier Paolo Pasolini, nei quali emerse il suo grande talento di attore universale.
Trasferitosi a Roma, capitale del cinema, per esigenze artistiche, Totò non dimenticò mai fino alla morte la sua amata Napoli, tanto che in punto di morte chiese di essere portato nella sua città natìa. Del resto tutta la sua produzione artistica è legata alla cultura e tradizione partenopea soprattutto quella dell’avanspettacolo e della rivista ma anche a quella del dramma.
Celebri le sue poesie e le canzoni dialettali quali, tra le prime: ’A livella, e tra le seconde Malafemmina, inserita in uno dei suoi film comici più famosi.
Morì a Roma nel 1967, ma fu sepolto nella sua Napoli, dopo un funerale a cui partecipò un’immensa folla riconoscente della sua immensa arte.
La maschera Totò

Attore nato sulla strada, Totò trasferì sul palcoscenico la sua maschera, con la famosa bombetta, i pantaloni ‘a saltafossi’, il vestito troppo largo e le calze colorate. Pur apparendo come un poveraccio, il suo personaggio è paragonabile a quello di Pulcinella, furbo, irriverente con i potenti ma allo stesso tempo pronto a difendere la propria dignità contro i soprusi.
Proverbiale era la sua capacità di recitare con l’intero corpo, incredibilmente snodabile. Dotato di una irresistibile mimica facciale faceva smorfie straordinarie, che piacevano tanto al pubblico e provocavano risate incontrollabili. Il suo personaggio, al cinema come al teatro, aveva atteggiamenti buffi e bizzarri e divertentissimi erano le sue esplosioni di ira contro i malcapitati di turno. Nonostante tutto sapeva essere anche triste e malinconico, grazie alla sua faccia dai mille volti.
La “fissazione” del principe

Il personaggio Totò, burattino scaltro ed irriverente, prendeva in giro la nobiltà anche e soprattutto per uno spirito di rivalsa verso un mondo dal quale era stato per lungo tempo escluso. Solo nel 1921 infatti Totò era stato riconosciuto dal padre, il marchese De Curtis; nel 1933 si era fatto adottare da un vecchio principe in miseria per diventare infine il principe De Curtis.
Totò prendeva in giro i ricchi non solo nel modo di vestire, ma anche nel modo di parlare, storpiando le parole. La sua comicità si manifestava anche nello stravolgimento nell’ordine delle stesse in una frase, tipo “Parli come badi”; “Ogni limite ha una pazienza” o giocava con esse tipo: “Lei con quegli occhi mi spoglia… spogliatoio!” oppure “Lei è un paziente che non ha pazienza… che paziente è?”. Utilizzava spesso parole dal suono stravagante, come bazzecole, quisquilie, o inventandone di nuove, come pinzillacchere.
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