Per il primo vero episodio di Urban Napoli, abbiamo deciso di iniziare con uno dei progetti più importanti del 2020. Abbiamo infatti intervistato Corrado Migliaro, in arte CoCo, sul suo ultimo album “Floridiana“. Ecco qui le nostre domande!
Floridiana, le nostre domanda a CoCo!
-Il tuo si può definire “percorso artistico”? Oppure ogni lavoro è un racconto della tua vita vissuta nel lasso di tempo della stesura dei brani, senza pensar troppo alle precedenti uscite?
-Indubbiamente sì, perché sicuramente la mia esigenza e voglia di raccontare e raccontarmi vanno di pari passo con la mia crescita e la consapevolezza artistica.
Anzi, mi piace proprio definire la musica come un percorso più che una carriera o un lavoro. Penso che il bello sia proprio questo e la linfa vitale per un artista sia proprio la necessità di evolversi scoprendo e scoprendosi sempre di più artisticamente.
-“Floridiana” è uscito alcuni mesi dopo il primo lockdown. Quanto ha influito sulla realizzazione del disco?
–Ha influito in maniera trasversale. In primis per la necessità di tirare fuori degli stati d’animo. Per quanto riguarda l’ispirazione, ci sono stati istanti negativi, poiché il lockdown mi ha del tutto inaridito e svuotato da ogni emozione, mancando una “vita realmente vissuta”. Lavorare a “Floridiana” è stato forse proprio un tentativo di evasione da questa non realtà degli ultimi mesi.
-Nell’intro e titletrack “Floridiana” si evince la tua voglia di non essere categorizzato, nemmeno sul “tipo” di progetto. È una caratteristica che vale solo per la musica, o è un tuo tratto personale?
-Diciamo di sì, non mi piacciono molto le etichette. Le trovo a volte controproducenti e fini a se stesse. Spesso noto che si perde più tempo a catalogare e volere dare un nome a tutti i costi a qualcosa che non a volerla capire e ascoltare davvero. La musica è musica, è un’oasi infinita da scoprire. I pregiudizi a mio avviso uccidono l’arte come un po’ tutto il resto.
-La nostalgia è lo stato d’animo che ti aiuta di più per scrivere la tua musica?
Senza nessun dubbio. Sono, di base, una persona molto malinconica a cui piace riflettere e fare “viaggi astrali” nel proprio passato.
La trovo una cosa fondamentale per fare chiarezza sul mio futuro. Sono dell’idea che la nostalgia sia una di quelle cose che ci mette profondamente in contatto con noi stessi; ritornare su degli stati d’animo anche a distanza di anni possono darci chiavi diverse per valutarci.
-In “Eredità” parli anche dei lati negativi del successo, credi sia troppo idealizzato nell’ambito urban italiano attuale?
-Sì che lo é. E, sopratutto nel mio ambiente, è visto tutt’oggi un po’ come un regalo, una lotteria. Molto spesso si tralasciano le difficoltà a cui si va incontro.
Si tralasciano i sacrifici, le privazioni, gli insuccessi, le frustrazioni e soprattutto la difficoltà di avere rapporti interpersonali. Tutto è solo ed esclusivamente sulle nostre spalle.
E la cosa più difficile è il fatto che noi artisti siamo perennemente in bilico, non ci si sente mai arrivati, rispetto ad altre carriere. È un continuo riconfermarsi, un continuo lottare per mantenere il proprio posto. In effetti è come se non si arrivasse mai da nessuna parte.
-Un pezzo che, col senno di poi, non avresti mai fatto uscire?
-Mmmm … forse “Pizzaboycoco”.
Featuring di rilievo e Napoli
-Nonostante tu non abbia un vero e proprio genere in cui racchiuderti, sei decisamente a contatto con artisti della scena rap.
Oltre al tuo amico di sempre, Luchè, nel tuo disco hai collaborato con Geolier. Può essere considerato la “next big thing” del rap italiano? Cosa ti ha colpito di lui?
–Assolutamente sì. Lui rispecchia le new generation dei ragazzi di Napoli, tutti quelli che una volta volevano diventare i nuovi neomelodici ora vogliono essere i nuovi Geolier.
È sicuramente già la “new big thing” della new school del rap italiano. Di lui mi ha colpito da subito la sua attitudine e sicurezza in se stesso. È un grandissimo talento.
-Restando in ambito featuring, hai avuto modo di collaborare con Gigi D’Alessio nel suo ultimo progetto.
Come è nata la collaborazione? E come hai reagito alla chiamata di un’icona della musica italiana? Te lo saresti mai aspettato?
-È stata una bellissima esperienza. Penso che, come per tutti quelli della mia generazione, Gigi rappresenti uno spaccato indelebile della nostra adolescenza.
Quando mi hanno chiamato per propormi la cosa sono stato felicissimo. Incontrarlo è stato altrettanto magico e surreale. Un grandissimo artista del quale ho avuto modo di conoscere anche la sua grandissima umanità e personalità.
-In seguito all’uscita di “Acquario” hai dichiarato che Napoli è stata fondamentale per i tuoi pezzi.
Dal titolo di “Floridiana” si evince che anche per questo disco la nostra città abbia avuto un ruolo chiave per la scrittura della tua musica. Rispetto a Londra, altro luogo della tua vita, cos’ha in più?
-È vero. Ad oggi Napoli è tornata ad essere fondamentale per il mio percorso e la mia ispirazione. Quello che ho ritrovato nella mia città rispetto a Londra è l’umanità, l’interesse reale che c’é nell’avere un approccio e un interesse verso il prossimo. A Londra mi sentivo un numero.
“Floridiana” le nostre domande a CoCo sul disco finiscono qui. Siamo felici di aver avuto come “ospite” un’artista del suo calibro, per poter iniziare al meglio la nuova rubrica “Urban Napoli”!
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