L’argomento di oggi per la rubrica “Colori partenopei” è il D10S.
“Maradona e il Napoli. Maradona e Napoli. Maradona è Napoli e Napoli è Diego. Re Mida del Calcio? Probabilmente sì. Re del Calcio? Ancora sì. Re di Napoli? Assolutamente sì. E’ stato così, lo è ancora e, soprattutto, lo sarà per sempre.”
Stima e affetto per il D10S
Queste le parole di Lorenza Varriale, napoletana doc, dottoressa in Mediazione Linguistica e Culturale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”. Ma ricordiamoci che le sue parole non rimangono soltanto sue: sono parole che esprimono il grande sentimento di stima e affetto dei cittadini napoletani verso il D10S.
Il Re Mida che trasformava ogni cosa in calcio
Nelle parole di Lorenza, si nota una descrizione di Maradona totalmente positiva e ricca di stima. “Re Mida”: Platini, nel mondiale del 1986 in Messico, aveva affermato che Maradona aveva compiuto atti ineguagliabili, che nessuno avrebbe potuto imitare, nemmeno se stesso. Anche a seguito della morte del Pibe de Oro, Platini ha ricordato: “Come ho detto diversi anni fa, quello che ha fatto Zidane con il pallone Maradona poteva farlo con un’arancia”. Viene descritto come il Re Mida quasi a voler dire che qualsiasi cosa lui toccasse, sarebbe diventata calcio. Palleggiava perfino con i bicchieri di plastica.
Relazione viscerale con la città partenopea
Ma soffermiamoci ora sull’espressione “Re del Calcio”: sicuramente per la gente di Napoli lui è stato il miglior calciatore della storia. Ma se, su questo punto, c’è chi ne ha da ridire, sul fatto che lui fosse considerato il “Re di Napoli” non sembrano esserci dubbi. La dottoressa lo descrive come “uomo sia dentro che fuori dal campo”: fuori dal campo aveva creato una vera e propria relazione viscerale con la città.
Un uomo del popolo
Ma come si diventa mito? Come si diventa uomo del popolo? Il D10S rappresentava l’emblema dello scugnizzo: venendo lui stesso da una situazione di vita difficile, voleva essere un esempio per tutti quei ragazzi napoletani che volevano seguire il sogno del calcio. Ciò che l’ha reso davvero parte integrante della città è il fatto che lui si è sempre schierato dalla parte del popolo. Si è sempre schierato dalla parte di tutti i napoletani, indipendentemente dal fatto che fossero ricchi, poveri, più o meno fortunati.
Una lotta contro la Questione Meridionale
Un punto importante su cui soffermarsi è il fatto che lui si sia impegnato nel combattere la cosiddetta “Questione Meridionale” che, a un certo punto, si è insinuata anche nel mondo del calcio. Un episodio di cui ci parla Lorenza avvenne a Verona qualche anno fa: uno striscione accoglieva la squadra del Napoli con su scritto “Benvenuti in Italia”. Questo fece arrabbiare Maradona al punto che, per vendicare i suoi napoletani, riuscì a siglare 2 goal per il definitivo 2 a 2. Risultato significativo: sembra proprio indicare che Nord e Sud sono alla pari.
Le leggi del cuore napoletano
Per questo e per tanti altri motivi, Maradona è stato un mito. Lo si potrebbe associare a figure epiche come Achille o Ulisse: lui non verrà dimenticato, nel bene e nel male. E come tutti i miti, a Napoli si hanno diverse manifestazioni di celebrazione nei suoi confronti. Quella più evidente e importante, forse, è avvenuta ultimamente, a seguito della sua scomparsa: lo Stadio Diego Armando Maradona. Una dedica degna di un campione. E sicuramente una dedica non forzata, ma dettata dalle leggi del cuore di Napoli.
Un unico 10
E’ stato naturale anche il fatto che, per Napoli, la maglia di Diego, la numero 10, sarà per sempre e solo sua. “Il popolo ha scelto lui e lui ha scelto il popolo”: il suo amore per la città partenopea è stato infinito. Difatti, per il suo 60° compleanno, aveva chiesto due regali: la fine della pandemia e un altro scudetto per il Napoli. E anche per i napoletani lui ormai fa parte della cultura della città: quando un bambino nasce a Napoli, quasi sicuramente si abituerà al nome di Diego in maniera molto naturale, come quando ci abituiamo al nome che ci hanno dato i nostri genitori.
Nessuno alla sua altezza
Non è unicamente la gente del popolo, però, a decantare le lodi di Maradona. Dopo la morte del Pibe de Oro, l’attaccante del Napoli Mertens ha voluto chiedere scusa per il fatto che il suo nome fosse stato accostato a quello del mito: “[…] se negli ultimi anni il mio nome é stato messo vicino al tuo mi scuso, perché non potrò mai essere alla tua altezza, quello che hai fatto per la nostra città resterà per sempre nella storia”.
Un dolore mondiale
Anche per il capitano del Napoli, Lorenzo Insigne, la scomparsa di Maradona ha significato la scomparsa di un maestro. Nella sua lettera di saluto, scrive: “Sono cresciuto sentendo i racconti della mia famiglia sulle tue gesta, vedendo e rivedendo le tue infinite partite. Sei stato il più grande giocatore della storia, sei stato il Nostro Diego. Ho avuto la fortuna di incontrarti, parlarti, conoscerti e non ti nego che mi tremavano le gambe”. E il dolore causato dalla sua morte è stato, in verità, mondiale: un dolore generale simile a quello che il mondo provò per il Re del Pop.
D10S: indimenticabile
Si può dire, quindi, che Diego è stato, è e sarà un personaggio storico, una figura epica, un Dio terreno. E’ anche una sorta di religione: in Argentina vi è proprio la cosiddetta “Iglesia Maradoniana”, fondata dai suoi sostenitori, con 820.000 seguaci iscritti in più di 60 paesi nel mondo e 600 città, tra i quali altri calciatori illustri come Ronaldinho. Un vero e proprio mito. Indimenticabile.
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