
Il secondo appuntamento con il Palazzo Reale vi trasporta all’interno di altre due sale molto importanti della vita di corte. Un musicista viene invitato a suonare per il compleanno del monarca e rimarrà estasiato da tanta bellezza. Il racconto, non storicamente preciso, vi fa scoprire la bellezza della Cappella Palatina del Palazzo Reale di Napoli con gli occhi di un musicista.
Il giorno del compleanno del re il popolo entrava in fermento. Era come fosse il giorno di Natale o il giorno del santo patrono. La gente scendeva in piazza, i bambini giocavano per strada e l’aria di festa si respirava in qualsiasi punto della città. È, però, risaputo che il modo di festeggiare del popolo non è lo stesso modo di festeggiare dei nobili. Eppure, uno si chiede perché, dato che un giorno di festa è un giorno di gioia. Lo capivi che i festeggiamenti erano diversi perché, mentre tutta la nobiltà attraversava in carrozza la città, per giungere al Palazzo Reale ed assistere al concerto nella Cappella Palatina, guardava dall’alto in basso le persone che ridevano chiassosamente ballando e cantando.
Ero da poco diventato organista soprannumerario presso la Cappella Reale. Mentre vagavo per le stanze del palazzo l’aria di festa non mi toccava l’animo. Tutto era così solenne, così regale che mi sembrò quasi impossibile che fosse un giorno così importante. I servi muovevano per tutto il palazzo grandi decorazioni e l’odore che proveniva dalla cucina non lasciava spazio a dubbi: sarebbe stata una grande cena con tutta la nobiltà più importante di Napoli.
Il re mi ricevette per discutere della serata che si sarebbe svolta di lì a poche ore e dell’opera, che insieme al resto dell’orchestra, avrei messo in scena nella Cappella Palatina. Entrato nella sala del trono, che era la sala dove il re riceveva coloro che gli domandavano udienza, un baldacchino con cielo rosso vellutato e galloni in similoro attirarono la mia attenzione prima che potessi posare gli occhi su Sua Maestà. Il trono era ornato con nastri intrecciati che provenivano dal Palazzo dei Normanni di Palermo. Il mobilio, in stile aulico, era di fattura napoletana, tra cui spiccavano le sedie in legno dorato e rivestite in velluto amaranto.
Al centro del soffitto pendeva il lampadario, unico elemento che illuminava l’ambiente. Tale soffitto verrà poi, dopo la restaurazione dei Borboni popolato di figure femminili ognuna corrispondenti ad una delle Province annesse alla città. L’opera mostra il simbolo del Cavallo e della Trinacria, rappresentanti Napoli e la Sicilia.
Dopo l’udienza venni indirizzato e invitato dai sevi a seguirli nella Cappella Palatina. La Cappella era stata utilizzata spesso durante gli anni ed era anche stata ristrutturata. Aveva visto artisti come Giovanni Battista Pergolesi e Alessandro e Domenico Scarlatti.
Tutto l’ambiente era decorato con stucchi in bianco e oro eseguiti da artisti appartenenti all’Accademia di Napoli, i quali si occuparono tra l’altro anche di una serie di affreschi con tema Storia della Vergine, tra cui l’Assunzione posizionata proprio sotto la navata e Storie di Cristi. Lungo i due lati della navata, nei pressi dei finestroni, erano presenti affreschi con tema Storie della Genesi, mentre nella zona dell’abside e nella fasce inferiore della navata, a finto marmo, vi è la raffigurazione dell’ Eterno Padre tra Gesù Cristo, la Vergine e gli Evangelisti, gli angeli e i cherubini, in stile bizantino.
Quella sera il pubblico fremeva nell’ascoltarmi, ma sempre con una certa eleganza e con grande solennità. Iniziai e il mio violino risuonò nella stanza. Fui fiero e felice di me stesso. Stavo suonando per il re, ma il mio cuore festeggiava con il popolo.
La storia sopra descritta è frutto di fantasia e cerca, con gli occhi di un musicista, di parlare del Palazzo Reale di Napoli, almeno delle stanze che solitamente i musicisti frequentavano: Sala del Trono per essere ricevuti dal re e Cappella Palatina per deliziare re e ospiti con la propria musica.
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