Dal mondo agreste alla città: la storia delle Janare– streghe beneventane- è ben nota al popolo campano. In questo nuovo appuntamento con Discover Naples, scopriremo la leggenda e le origini storiche che si celano dietro la figura simbolo di storie all’insegna dell’oscuro…
Una donna legata al culto magico della terra, capace di riconoscere erbe medicinali ed erbe dall’effetto stupefacente e narcolettico; di giorno uguale a tutte le altre donne, di notte- dopo essersi cosparsa di un unguento magico– un’essenza incorporea capace di spiccare il volo a cavallo di una scopa di saggina. Solitaria ed aggressiva, la Janara è parte del folklore campano. La tradizione vuole che le più predisposte a diventare Janare, fossero le donne nate durante la notte di Natale…
Prima di cominciare, leggi anche il nostro ultimo articolo La bella ‘mbriana: uno spirito socievole ma… per conoscere la storia della figura opposta a quella delle Janare!
Unguento unguento
portami al noce di Benevento
sopra l’acqua e sopra il vento
e sopra ogni altro maltempo.
Il noce di Benevento e l’origine del nome
La nostra storie parte dal Noce di Benevento, un antichissimo albero di noce consacrato al dio Odino (divinità germanica principale e personificazione del sacro) situato nei pressi di Benevento, in un’area territoriale occupata, al tempo, dai Longobardi.
Siamo nel VI secolo ed è proprio attorno al noce che una piccola parte della comunità longobarda si riuniva al fine di celebrare riti pagani e religiosi; uno in particolare prevedeva l’appendere all’albero una pelle di caprone. Proprio questo particolare rituale è il punto di partenza per le leggende sulle streghe di Benevento…
Il rituale longobardo sembra avere le sue radici nel culto di Iside, diffusosi nel beneventano già a partire dall’epoca romana. Alla base di questo culto c’era la triplice essenza di Iside che veniva identificata con Ecate, dea degli inferi, e Diana, dea della caccia. Le caratteristiche delle streghe agresti del territorio longobardo sono sicuramente riconducibili alle due dee e, in particolare, il nome Janara sembrerebbe derivare proprio da Diana.
Rituali magici: i sabba
Ogni anno, nella notte tra il 23 e il 24 giugno, le Janare di tutto il mondo si riuniscono per celebrare il Sabba. Ma in cosa consiste questo incontro annuale di stregoneria?
Uno dei rituali magici più interessanti praticati dalle Janare è sicuramente quello che cominciò a svilupparsi nei pressi del fiume Sabato, in onore di Odino, alla quale erano soliti prendere parte i guerrieri longobardi. Durante le celebrazioni veniva appesa, al noce sacro, la pelle di un caprone e gli uomini si guadagnavano il favore del dio correndo freneticamente a cavallo attorno all’albero colpendo la pelle con le lance, con l’intento di strapparne brandelli che poi mangiavano.
I beneventani cristiani non tardarono ad attribuire questi rituali, celebrati durante i sabba (convegni di streghe anche detti giochi di Diana), a figure sinistre: le donne e i guerrieri erano ai loro occhi le lamie (nell’antica Grecia figure femminili in parte umane e in parte animali, rapitrici di bambini o fantasmi seduttori), il caprone l’incarnazione del diavolo, le urla riti orgiastici.
Secondo la leggenda, dopo i sabba, le streghe seminavano orrore nel territorio: si credeva, infatti, che fossero capaci di provocare aborti, causare deformità nei neonati facendoli soffrire molto e che fossero la causa del senso di oppressione che si avverte da stesi.
Si credeva, poi, che queste donne malefiche potessero assumere un’essenza incorporea ed entrare nelle case dei paesini passando sotto la porta (ianua in latino). Proprio per questo motivo, si era soliti lasciare una scopa e o del sale sull’uscio: la strega sarebbe così stata impegnata a contare i grani di sale o i fili della scopa prima di poter entrare; un’attività che le sarebbe costata non poco tempo, fino al sorgere del sole, quando la stessa sarebbe stata costretta ad andare via.
Scacciare le streghe
La scelta dei due oggetti non era casuale: la scopa rappresentava un elemento fallico, in contrasto con la sterilità portata dalla strega; il sale si legava alla (falsa) provenienza dalla parola Salus, in latino “stare bene”. Janà vié pe’ sale era la frase magica da rivolgere, di notte, alla strega: il giorno dopo, questa, si sarebbe presentata presso la dimora chiedendo del sale e sarebbe stato facile smascherarla!
Le Janare a Napoli
Avvistata anche oggi, sono molte le persone che affermano di aver visto palesarsi dinanzi ai propri occhi la Janara nel buio della notte. Nella città partenopea, la figura di questa strega malefica è spesso tirata in ballo ogni qual volta si ha una paralisi del sonno o un incubo.
Secondo la leggenda lo spirito sarebbe davvero esistito nelle fattezze della sacerdotessa Diana deceduta tempo addietro. Una donna dal carattere sicuramente particolare e mai diventata madre, evento alla base del suo introdursi nelle case e guardare i bambini dormire.
Per i napoletani lo spirito della fattucchiera è solito lasciare disordine in casa o sedersi sui dormienti. In ogni caso, anche se dai più è relegata ad un mondo di fantasia, sono molte le persone pronte a dichiarare di aver avuto a che fare con la Janara…
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