Il 17 maggio si festeggia la giornata mondiale contro l’omofobia: precisamente 30 anni fa l’OMS ha cancellato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Questa giornata promossa dalle Nazioni unite e dall’Unione Europea è stata inaugurata appena 16 anni fa dall’attivista LGBT Louis-Georges Tin. Ricordare la storia di John E. Fryer può essere un’ottima maniera per celebrare tale ricorrenza.
John E. Fryer: quando l’omofobia appartiene al senso comune
Nel 1968 l’omosessualità fu inserita nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Non furono sufficienti le proteste dei gruppi LGBT contro l’APA, la maggiore associazione di psichiatri al mondo. Uno dei casi che smosse le coscienze degli psichiatri americani fu quello di John E. Fryer. Nel 1972 il professore di psichiatria della Temple University si presentò in maniera anonima ad un congresso dell’APA, indossando una maschera di gomma e una parrucca riccia. Fryer, sotto lo pseudonimo di Dr. H. Anonymous, tenne un discorso sul rapporto tra omosessualità e psichiatria. In particolare il professore denunciò la condizione di numerosi suoi colleghi che dovevano nascondere la propria sessualità temendo discriminazioni e ripercussioni sulla vita lavorativa.
Appena un anno dal discorso di Fryer l’omosessualità fu rimossa dal Manuale diagnostico e statistico dell’APA. John E. Fryer affermerà dieci anni dopo: “Andava fatto. È stato l’evento centrale della mia carriera. Sono stato cacciato dalla residenza universitaria poiché ero gay, ho perso il mio lavoro perché ero gay. Dovevo dirlo, ma non potevo farlo senza nascondere la mia identità visto che non avevo ottenuto la cattedra all’Università di Temple. Ora sono un professore di ruolo ed il rettore sa che sono gay. Le cose sono davvero cambiate.”
Saranno necessari altri 20 anni prima che sia l’OMS a non considerare più l’omosessualità una malattia. Se tale decisione può sembrare tardiva, bisogna invece tener presente che solo dal 2018 l’OMS non ritiene la transessualità un disordine mentale.
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