Da circa due settimane l’ emergenza sanitaria legata al Coronavirus (leggi l’articolo a riguardo) sembra essere argomento principale di discussione. Vero è che i numeri crescono e le notizie abbondano.
Scienziati, studiosi, medici da tutto il mondo suggeriscono mascherine e guanti da utilizzare per evitare il contagio; così come ribadiscono che, a doverli utilizzare, siano soltanto le persone ammalate.
Ciò che preoccupa di più e continua a crescere insieme con i casi (anche di sola supposizione), è un sentimento di “avversione” contro la comunità cinese in Italia, come nel mondo. I tentativi di favorire lo scambio culturale Italia-Cina sembrano, adesso come mai prima d’ora, a rischio.
Non umiliate la Cina in un momento di difficoltà. Il Coronavirus ha causato un’ondata di panico e preoccupazione anche in Italia. Alcuni italiani hanno iniziato a evitare i ristoranti cinesi, a evitare persino i cinesi stessi. È ancora vivido il ricordo della feroce discriminazione che subirono i cinesi quando, 17 anni fa, si diffuse la Sars.
scrive in una lettera aperta agli amici italiani la redazione di QDS, e aggiunge:
In un momento come questo, tutto ciò di cui c’è bisogno è umanità e solidarietà.
In Italia vivono circa 300.000 cinesi di seconda, terza generazione. Chi “va e viene” dalla Cina, chi la Cina non l’ha neanche mai vista. Alcuni di loro di circa 30 anni già gestiscono delle attività di grandi superfici e con dipendenti, sono in Italia da più di 20 anni, hanno figli ed alcuni parlano un italiano quasi perfetto, altri studiano e si laureano.
Così come vivono Italiani che, con la Cina, hanno rapporti lavorativi di ogni tipo. E proprio come quella italiana, anche la comunità cinese vive lavorando: numerose sono le attività gestite da cinesi, basti pensare ai numerosi sushi bar o ristoranti presenti in tutta la penisola.
L’allarmismo mediatico degli ultimi giorni ha fatto sì che numerosi gestori di ristoranti si attivassero in merito alla questione. Uno su tutti Oishi Sushi, a Caserta (leggi l’articolo in merito) che, in un post pubblico su Facebook, scrive:
Per nostra cultura teniamo a far sapere che lavoriamo da sempre nel rispetto di tutte le regole ed autorizzazioni previste dalla normativa italiana. Pertanto, invitiamo i nostri cari clienti a non giungere a valutazioni e conclusioni troppo frettolose di quanto viene prospettato dai mass media in questi giorni.
e aggiunge:
Con il nostro ristorante che con il proprio staff si impegna tanto per i propri clienti, proponendo prodotti preparati con ingredienti di qualità ampiamente documentati ed acquistati in Italia.
La popolazione cinese sta vivendo un vero disagio per tutta questa storia che li ha portati a rifugiarsi e nascondersi. Chi invita a non avvicinarsi ai cinesi ed a non entrare nelle loro attività commerciali e di ristorazione danneggia non solo il loro commercio, ma anche la loro situazione psicologica. Enormi conseguenze le stanno subendo i loro bambini nelle scuole, nell’indifferenza più totale.
C’è anche chi si esprime circa la vicenda:
Sono qui per portare un messaggio di vicinanza e solidarietà alla comunità cinese e di rassicurazione ai cittadini sulla diffusione del rischio. Invito a non lasciarsi prendere da preoccupazioni immotivate e irrazionali che penalizzano la città. Non c’è nessun rischio nel frequentare i ristoranti cinesi e non c’è nessun rischio per i bambini che frequentano scuole in classi miste.
spiega l’assessora alle attività produttive del Comune di Milano Cristina Tajani.
L’emergenza è reale, ma la discriminazione non è mai giustificata.
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