Thank you Kobe- Il 26 Gennaio 2020 alle ore 19 italiane, il cestista di fama mondiale Kobe Bryant è morto. Un fatale schianto in elicottero lo ha portato via, assieme a sua figlia 13enne. È difficile esprimere il dolore che tutti gli appassionati di sport provano quando accadono certe cose. Kobe era un’icona mondiale, il simbolo di quanto il duro lavoro e la passione siano la chiave per il successo. Tutto il mondo sportivo si è stretto attorno a Los Angeles per una notte, dal calcio fino al motociclismo. Il Madison Square Garden di New York ieri è rimasto in religioso silenzio per 24 secondi, come il numero di maglia del Black Mamba, un numero ormai scritto nella leggenda dell’NBA. Giocatori in lacrime, clima surreale, i pensieri di tutti erano rivolti a quel maledetto elicottero, che mai sarebbe dovuto cadere. Anche le star degli altri sport hanno celebrato il campione americano: Neymar Jr dopo un gol al Lille ha mostrato il numero 24 alle telecamere; il tennista Nick Kyrgios si è presentato al match contro Nadal degli Australian Open con la casacca dei Lakers, ed era visibilmente scosso.
Kobe non c’è più, per una tragica fatalità. Ma c’è una cosa che non morirà mai: la “Mamba Mentality”. Quella forma mentis volta al sacrificio, alla voglia di crederci sempre fino alla fine. Perché il 24 non è solo il suo numero, o i secondi limite per un’azione, sono le ore del giorno che Kobe dedicava al basket. Il quarto miglior marcatore della storia NBA, superato sabato da LeBron James. Un LJ distrutto, come si può notare in un video all’aeroporto di Los Angeles. Perché non importa chi tu sia, che sport tu pratichi o ami, quando si parla di Kobe Bryant, giù il cappello. Thank You Kobe, fisicamente te ne sei andato, ma le leggende non muoiono mai.